messina_medievale_2Nei secoli i messinesi sono stati sempre molto legati alla loro celeste patrona Maria Vergine della Sacra Lettera con grande orgoglio e devozione.

Maria è stata punto di riferimento nei loro momenti sia felici che difficili. Al commovente grido di Viva Maria gli abitanti della Città dello Stretto hanno sempre iniziato le grandi rivolte come quella antispagnola del 1678 o quelle risorgimentali del 1847-48[1].

La Madre di Cristo è stata anche da sprono nei momenti di dura difficoltà che la città ha subito nella sua lunga e gloriosa storia, si ricordano le tante pestilenze che hanno funestato ogni secolo, i grandi terremoti dell’11 Gennaio 1693[2], del 5 Febbraio 1783 e del 28 Dicembre 1908, i terrificanti bombardamenti anglo-americani del 1943 che mieterono tantissime vittime innocenti. In questi tristi episodi “‘a Matri ‘a Littra” è stata sempre, nel cuore dei messinesi, sostegno e motivo di rinascita[3]. Numerosi sono gli interventi miracolosi a lei collegati[4] che anche gli storici narrano. Ricordiamo durante la Guerra del Vespro l’apparizione sul Colle della Caperrina della Dama Bianca che con il suo candido manto difese le mura della città dagli attacchi angioini, inoltre il miracoloso volo, sempre sul Colle della Caperrina, di una colomba sul luogo dove la Madonna voleva fosse eretto un santuario. Si racconta anche dell’apparizione della Vergine, intorno al XV secolo, nelle campagne di Curcuraci[5], villaggio prossimo a Messina, in difesa della città dalle ire del Figlio, per non parlare del ripetuto e miracoloso arrivo di vascelli carichi di grano in occasione di varie carestie, tra cui grazie anche all’intercessione di Sant’Alberto Carmelitano[6]. Da segnalare anche i miracolosi arrivi dal mare delle icone della Madonna di Dinnamare e della Madonna della Scala.

Tali ed altri numerosi episodi rendono effettivamente Messina città mariana.

madonna_della_Lettera_072I messinesi a ringraziamento della loro Celeste Patrona le hanno sempre reso omaggio, senza badare a spese, commissionando opere, a lei dedicate, nel campo dell’arte, della musica e della letteratura (Santi Correnti La Sicilia del Seicento Milano 1976, pag. 123). Molti sono i dipinti, gli argenti, i monumenti in suo onore tra i quali spicca la colossale stele marmorea, eretta negli anni trenta, posta all’ingresso del porto sul cinquecentesco Forte San Salvatore, per volontà dell’Arcivescovo del tempo S. E. Mons. Angelo Paino[7].

Particolari le rinomate feste secolari[8] che cadevano ogni qualvolta che il secolo terminasse con il 42. Quelle del 1642, del 1742[9] e del 1842 rimasero famose e narrate dai numerosi visitatori e viaggiatori stranieri per i grandi apparati scenici, per le fontane erette per l’occasione e per i grandi festeggiamenti cui non mancarono mai Viceré e Sovrani del tempo[10].

Grazie a questo forte legame, soprattutto nei secoli passati, immagini della Madonna della Lettera si ritrovano in varie parti della Sicilia, dell’Italia ed anche del Mondo. Realizzate o portate in gran parte dagli stessi messinesi, sono simboli di questa forte devozione mariana. Esempio significativo è la singolare commissione di un quadro alla Madonna della Lettera da parte di uno dei più celebri messinesi, l’architetto Filippo Juvarra. Egli, trasferitosi definitivamente in Piemonte[11], decise di far realizzare in una chiesa di Torino a Corrado Giaquinto un grande tela raffigurante la Vergine Maria per mantenere un legame con la sua città natale e la sua Celeste Patrona. Innumerevoli i dipinti sparsi nelle principali città della Sicilia posti tutti ove erano presenti comunità peloritane, come il dipinto realizzato a Roma dal Pomarancio, ancora oggi venerato dalla comunità messinese della capitale presso la Basilica di San Pietro in Montorio.

duomo_messinaMolti di questi dipinti venivano donati dal Senato di Messina per sancire una alleanza, infatti, soprattutto nel Settecento, da Messina furono inviate numerose fedeli riproduzioni dell’immagine venerata nel Duomo a Città sorelle come Trapani, Palermo, Siracusa e Catania[12].

Un’altro aspetto della devozione alla Celeste Patrona è l’istituzione, a partire dal Seicento, di numerose confraternite a lei intitolate, come: la Congregazione degli Schiavi della Madonna della Lettera sotto il Duomo, la Congregazione della Madonna della Lettera ai Messinesi al Borgo San Leone e la Confraternita della Madonna della Lettera dei Macellai.

Un’altra peculiarità che testimonia il forte culto dei messinesi verso la loro patrona sono le cosiddette medaglie ombelicali. Queste venivano conservate in ogni famiglia ed al momento della nascita venivano applicate sull’ombelico appena reciso e fermate da una apposita fascia in tessuto colorato, larga circa venti centimetri e lunga quasi due metri. La funzione loro attribuita era quella di evitare l’insorgere dell’ernia ombelicale, rischio frequente nel neonato. A tale scopo il rovescio della medaglia era perfettamente levigato ed il peduncolo in cui era inserito un anello destinato al nastro era ritorto in avanti onde evitare di irritare la pelle delicata del nascituro. Messina, che con la sua Zecca dimostrò sempre capacità nella lavorazione minuta dei metalli e fiorente fu sempre l’attività delle botteghe di orafi ed argentieri, ha ideato questo originale tipo di medaglia a carattere devozionale costituendone una sorta di peculiarità della Città dello Stretto. L’uso che dagli esemplari più antichi può farsi risalire al XVI secolo fino al secondo dopo guerra per scomparire rapidamente nell’arco di una o due generazioni. La figura più ricorrente è quella della Madonna della Sacra Lettera ma non mancano le rappresentazioni di altre figure sacre fortemente radicate nel territorio (Franz Riccobono Le Medaglie Messinesi Messina 2000).

Nel 1726 fu pubblicato anonimo a Messina un grosso poema eroico, dal titolo “La Sacra Lettera”, dedicato dalla signora D. Francesca Dini e Salvago, che ne curò la stampa, alla Vergine. Poema rimasto inedito per quasi un secolo e di cui si volle autore il celebre poeta secentista Francesco Bracciolini. Si narra a questo proposito che il Cavaliere Gerosolimitano Don Benedetto Salvago stando a Roma presso il Pontefice, come rappresentante della Città di Messina, conobbe il Bracciolini al quale narrò tutti i particolari dell’Ambasceria della Sacra Lettera. Il poeta toscano ne rimase impressionato e scrisse in ottave ed in sedici canti tutta la sacra storia cantando in versi anche la grandezza e le glorie di Messina:

Capo della Sicilia, ov’ella siede,

Franca, e Donna del mar, l’appella Roma,

titol di Nobiltade a lei concede

che le guerre servili opprime, e doma.

Ammira il gran valor, ch’al suo non cede,

Confederata, Amica anco la noma:

farsi grado del Porto avendo mira

all’Imperio del Mondo, ov’ella aspira.


Il Salvago portò a Messina il manoscritto ma a causa della sua morte non poté essere pubblicato finché, come precedentemente detto, una sua erede Francesca Dini si occupò della pubblicazione. Il volume si compone in totale di 731 pagine, con 16 canti per un complessivo numero di circa 1700 ottave. Arricchiscono l’opera quattro incisioni poste nelle prime pagine raffiguranti il Bracciolini, l’immagine della Madonna della Lettera ed il Salvago, oltre che una per ogni canto (Enrico Mauceri Messina nel 700 Milano 1924, pag 83-84).

palazzata_messinaLa devozione dei messinesi alla loro patrona era testimoniata anche dalla numerosa presenza, soprattutto prima dell’immane disastro del 28 Dicembre del 1908, di numerose ed importanti edicole votive stradali poste lunghe le principali arterie cittadine e di altari a lei dedicati nelle numerose Chiese del Centro Storico. Per le edicole stradali gli storici locali, ma in particolar modo Gaetano La Corte Cailler, ricordano fra le più importanti quella posta sulla Via San Camillo nel Palazzo del Barone La Corte con in alto un dipinto della Madonna della Lettera e sotto quelli della Predicazione di San Paolo, di San Placido e di San Gaetano, tutte opere del pittore messinese Giovanni Tuccari. Inoltre vanno ricordate quella posta in Via Porta Real Basso con un grande altare in marmo con colonne eretto nel 1657 che conservava un grande quadro della Protettrice e quella posta sul Corso Cavour, vicino alla Fontana di Gennaro, sull’angolo nord-est del Palazzo dei Principi Brunaccini di San Teodoro cui si celebrava perfino la festa con apparati e musica e che miracolosamente si salvò dal disastro del 1908 e quindi rimontanta intorno agli trenta più o meno sul luogo ove si trovava in origine. Particolarmente interessanti erano quelli posti all’inizio del Corso Cavour presso l’attuale Piazza Seguenza, già Santa Maria La Porta nei pressi dei quali sorgeva la Fontana dei Quattro Cavallucci, e quella posta nel Corso Cavour poco distante la Chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini dei Padri Cistercensi.

Per le Cappelle presenti nelle varie Chiese di Messina senza dubbio va ricordata quella situata nella Chiesa di Santa Maria dell’Alto Basso ove si conservava un antico quadro gestito dalla stessa Confraternita di Santa Maria dell’Alto Basso. Nella Chiesa del Monastero Benedettino di Santa Maria Maddalena della Valle di Giosafat si trovava un antico dipinto proveniente dall’antica Chiesa di San Paolo che sorgeva sul luogo ove l’Apostolo sbarcò e predicò ai messinesi. La Chiesa di San Nicolò dei Greci custodiva un antica tavola rinvenuta miracolosamente all’interno della stessa Chiesa e oggetto di grande venerazione. La vergine nel dipinto reggeva in mano proprio una lettera con il testo in greco. Nella Chiesa del Monastero di San Paolo vi era un antico quadro oltre la grande tela raffigurante l’ambasceria e commissionata al Catalano. Nella Chiesa del Monastero di Montevergine vi era un quadro di Letterio Paladino andato distrutto dopo il terremoto del 1908. Ed infine nella Chiesa del Monastero di Santa Caterina vi era un bell’affresco opera di Antonio e Paolo Filocamo rimasto incolume dal terremoto ma andato perso nella demolizione di ciò che rimaneva della Chiesa.

Non mancavano immagini di un certo pregio della Madonna della Lettera anche nelle grandi Collezioni Private delle più aristocratiche famiglie messinesi. Di queste importanti pinacoteche rimangono solo gli elenchi dove si può notare una assidua presenza di dipinti dedicati alla Patrona almeno uno a raccolta, come nella celebre Collezione del Principe Antonio Ruffo della Scaletta[13] o nella ricca Galleria della Famiglia Brunaccini di San Teodoro o dei Marullo di Condojanni o dei Arenaprimo di Montechiaro.

Il 23 Ottobre 1634 fu fondata a Messina una nuova Accademia detta della Fucina o dei Fucinanti che elevò a sua celeste protettrice proprio la Madonna della Sacra Lettera. Aveva sede presso il Palazzo di Don Carlo Di Gregorio e lo stemma di questa Accademia era la fucina di un fabbro ferraio con il motto “Formas vertit in omnes”. Questa istituzione culturale messinese nacque non solo con tendenze letterarie e scientifiche ma anche e principalmente politiche tante è che la sua nascita cade in un’epoca di patriottica reazione contro i soprusi antimunicipali. La sua fine è stata sancita in conseguenza della repressione governativa contro le tendenze antispagnole all’indomani della rivolta (Antonio Saitta Accademie Messinesi Messina 1964, pag. 19-20).

Sempre legata al culto della Madonna della Lettera è una manifestazione religiosa molto popolare che ancora si svolge a Messina nel giorno di Ferragosto. Senza dubbio è considerata una fra i più importanti eventi folclorici-religiosi di tutta Italia, anche se poco conosciuta. Si tratta di una grande macchina piramidale, realizzata nel XVI secolo da un certo Radese, che rappresenta l’Assunzione al cielo della Vergine Maria. Tutta questa grande struttura, realizzata in cartapesta e legno, poggiante su due grandi pattini d’acciaio, viene fatta trascinare per un lungo percorso fino a Piazza Duomo da migliaia di devoti vestiti di bianco e a pieni nudi al forte grido di viva Maria[14]. La manifestazione faceva parte dei grandi festeggiamenti agostani dedicati alla Madonna della Lettera[15] insieme ad altre macchine festive come i Giganti, il Cammello e la Galea. La processione della Vara in seguito fu adottata, su autorizzazione del Senato di Messina, anche da città amiche che ancora oggi le organizzano, come Palmi[16] e Randazzo.

Concludiamo questo capitolo, ricco di informazioni, che vuole dare uno spaccato generale al culto dei messinesi alla loro Celeste Patrona con una grande opera di oreficeria, fiore all’occhiello di tutta la città, ma anche oggetto sacro di grande rilevanza. Questo oggetto è la cosiddetta “Manta d’Oro”, grande lastra d’oro massiccio che copriva un tempo, nelle grandi solennità, l’antica icona della Madonna della Lettera del Duomo e che attualmente viene posta sulla copia, realizzata nel dopoguerra, solo il 3 Giugno di ogni anno. La Manta è una meravigliosa opera di cesello dell’architetto ed orefice fiorentino Innocenzo Mangani[17]. Questa fu fatta realizzare dal Senato Messinese con un decreto del 29 Aprile del 1653 che chiamò a contribuire alla spesa i laureandi dell’Università di Messina con un apporto pro-capite di 12 tarì. Fu eseguita tra il 1661 e il 1668 e furono impiegati venti libbre di metallo dal costo complessivo di 30.000 scudi. Sotto il collo della Vergine si legge: «Il Tesoriere della Cappella, D. Carlo Gregorio Primo Marchese di Poggio Gregorio e Cavaliere della Stella. Incominciata questa Manta della Beatissima Vergine dall’anno 1661 all’anno 1668. Innocenzo Mangani scultore ed architetto fiorentino». Le corone sopra il capo della Vergine e del Bambino sono tempestate di pietre preziose. In particolare quella della Vergine con terminazioni a giglio è un vero capolavoro di oreficeria, dove monili, gemme, smalti, oro e perle sono sapientemente incastonati. A lavoro compiuto i donativi dei fedeli, dai più umili ai più ricchi, sono stati numerosissimi. Tali ex voto d’oro, d’argento e di pietre preziose di altissimo valore, sono stati saldati o in vario modo attaccati sul manto e ciò ha in un certo modo alterato i caratteri di antica e pregevole opera di oreficeria ma ne ha esaltato la preziosità. Tra i più importanti donativi sono ricordati: un gruppo di smeraldi della moglie del viceré la duchessa d’Usseda del 1695 valutato allora 1000 scudi; un monile d’oro con perle e diamanti del valore di 1250 scudi realizzato con il contributo dei cittadini ai tempi del viceré duca d’Usseda che partecipò con 150 scudi; un anello di diamanti della marchesa di Geraci del 1714; una croce d’oro e diamanti della marchesa di Condagusta del 1714; un cuore d’oro massiccio del generale tedesco conte Valles, governatore di Messina; una collana ed anelli d’oro del valore di 5000 scudi di D. Federico Ruffo del 1723; uno “scafazzo”[18] d’oro con grosso smeraldo, diamanti e perle di D. Angela Procopio del 1749; una grossa perla scaramazza detta “la pecorella”, per la forma che l’ignoto orafo ha utilizzato per farne un agnello montato in oro, dono del Canonico Decano D. Alberto Arenaprimo; un fiore di brillanti della marchesa Maria Scoppa; una superba margherita d’oro e brillanti della regina Margherita di Savoja del 1881 (Silvestro Prestifilippo - Tino Saitta Messina Artistica e Monumentale Messina 1974, pag. 117-119).

La bellezza della Manta d’Oro, grande opera di oreficeria, sta sicuramente nella lavorazione del metallo che riproduce fedelmente e realisticamente i tessuti della Vergine Maria e del Santo Bambino, quali un damasco e due broccati.

L’abilità del cesellatore è tale da rappresentare la trama dei tessuti con la morbidezza tipica della stoffa, riproducendone le pieghe, il senso della prospettiva ed i particolari del ricamo (Giusy Bonanno - Gioacchino Gazzara La Cattedrale di Messina Messina 2006, pag. 85).

La Manta si salvò dalle varie distruzioni del 1908 e del 1943 perché viene esposta solo nelle grandi occasioni e per tutto l’anno è custodita gelosamente nel Tesoro della Basilica Cattedrale.

[vai alla pagina di apprfondimento dedicata alla Manta]

 



[1] In un raro documento del 1848, trascritto dal noto letterato messinese Tommaso Cannizzaro e ricordato nel libro di Antonio Fragale Fonti orali e storia di Sicilia, edito dalla Edilkronos a Palermo nel 1983, si riporta la parte conclusiva di un accorato appello al popolo di Messina in occasione della rivolta di quello stesso anno: «Messinesi! Voi non avete a combattere che gente poca e vinta. Confidate in quel Dio che sperde come polvere gli eserciti oppressori. Confidate nella nostra Madre della Lettera che ha sempre dato vittoria ai Messinesi sopra non vile turba gregaria, ma su Nazioni possenti. Viva Maria della Lettera».

[2] La Città di Messina rimase miracolosamente illesa da questo tremendo terremoto che apportò gravissimi danni a tutta l’intera Sicilia Orientale. Questo “miracolo” fu attribuito alla Beata Vergine della Sacra Lettera, infatti il Chiarello ci tramanda varie apparizioni della Vergine che, nei giorni precedenti al terremoto, aveva preannunciato la sua protezione su Messina. Inoltre la sera dello stesso 11 Gennaio dal dipinto della Madonna del Graffeo, conservato nella Chiesa della Cattolica, numerosi testimoni giurarono di aver visto provenire dal viso della Vergine un forte raggio luminoso (Benedetto Chiarello Memorie Sacre della Città di Messina Messina 1705, pag. 10).

[3]«…le pie tradizioni del protettorato della Vergine a questa città: tradizioni religiose che si collegano alla storia ed alla vita del popolo messinese, che confortarono lo spirito pubblico nelle sciagure e che animarono i più grandi ardimenti della patria dalle guerre del Vespro ai giorni memorandi del 1848» (Messina prima e dopo il disastro Messina 1914, pag. 23).

[4] Marco Grassi Messina in festa per Maria SS. della Sacra Lettera in Quotidiano on-line di Informazione www.messinawebtv.it 4 Giugno 2006.

[5] Marco Grassi Maria SS. dei Bianchi per le vie di Curcuraci e a difesa di Messina in Quotidiano on-line di Informazione www.messinawebtv.it 6 Settembre 2005.

[6] Marco Grassi Alberto degli Abati Santo Patrono dimenticato da Messina in Quotidiano on-line di Informazione www.messinawebtv.it 11 Agosto 2005.

[7] Essa occupa l’estrema punta della zona falcata già costituente l’ultimo baluardo del sistema di fortificazioni realizzato nel 1546 da Carlo V. La stele è stata disegnata dall’Ing. Francesco Barbaro mentre la statua è stata modellata dallo scultore Tore Calabrò. Il monumento fu inaugurato il 12 Agosto 1934, benedetto ed illuminato da Papa Pio XI attraverso uno speciale impianto preparato da Guglielmo Marconi. Un avvenimento eccezionale anche per i suoi aspetti tecnici svolto sotto la personale direzione dell’inventore della radio e che venne descritto dallo stesso Times di Londra nel numero del 12 Settembre 1934. Venti anni dopo il 16 Settembre 1954 la statua venne incoronata dall’Arcivescovo di Palermo Cardinale Ernesto Ruffini.

[8] Giulio Conti - Giordano Corsi Feste Popolari a Messina Messina 1980, pag. 9-31.

[9] «Tutte le strade, tutte le piazze, ogni angolo, ogni palagio, ogni pubblico loco, ogni privato di qualunque ceto o ricco o povero cittadino, faceva mostra di preziosi adorni ed apparati. Innumerabili bandiere e stendardi di damaschi a vari coloro scherzavano pendenti dai balconi e finestre, e non compariva spazio alcuno senza essere magnificamente fregiato; sembrando tutta la città un teatro di meraviglie, o per dirlo col citato Filos Teatino, un vago tempio di ammirabili pompe vestito» (Enrico Mauceri Messina nel 700 Milano 1924, pag. 85)

[10] In quella del 1842 partecipò tutta la famiglia reale con in testa Ferdinando II di Borbone Re del Regno delle Due Sicilie che donò per l’occasione alla Cattedrale un grande lampadario argenteo (Marco Grassi Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie: Re Bomba di fama ma non di fatto in Quotidiano on-line di Informazione www.messinawebtv.it 13 Gennaio 2005).

[11] Presso la corte di Emanuele Filiberto di Savoia.

[12] Ricambiati rispettivamente da altri doni come per il caso di Palermo di una grande statua reliquaria raffigurante Santa Rosalia in lamina d’argento incisa, sbalzata e cesellata che si conserva ancora nel tesoro del Duomo di Messina. L’opera fu donata dal Senato Palermitano nel 1673.

[13] La collezione d’arte che il Principe Antonio Ruffo della Scaletta aveva a Messina presso il suo Palazzo, inserito nella rinomata Palazzata, era in assoluto una delle più ricche raccolte private d’Europa che purtroppo è stata smembrata dagli eredi sul finire del XIX secolo. Di questa collezione facevano parte numerosi dipinti del Breugel, Carracci, Casenbroth, Guercino, Lanfranco, Poussin, Preti, Rembrandt, Reni, Rosa, Stanzione, Tiziano e Van Dyck.

[14] «…mentre il carro incede barcollando tra la moltitudine di preti, monaci, magistrati, soldati in divisa di gala, le cannonate rimbombano, le campane suonano in tutte le chiese e in tutti i conventi, la folla delirante getta gridi di esultanza. Ma è giustificata sì straordinaria baldoria, se si ricorda che la Madonna inviò ai Messinesi in epoca da noi remota una ciocca de’ suoi capelli, con una lettera autografa per assicurarli di speciale protezione» (Elisée Reclus La Sicilia e l’eruzione dell’Etna del 1865 Treves Milano 1873).

[15] Nel 1758 il Senato chiese ed il Sovrano accordò che la festa pubblica della Sacra Lettera fosse spostata nel giorno dell’Assunta, quando per serenità del tempo era permesso godere degli spettacoli all’aperto (Enrico Mauceri Messina nel 700 Milano 1924, pag. 232).

[16] Ulteriori informazione sui festeggiamenti in onore della Madonna della Sacra Lettera dei Messinesi a Palmi si possono trovare in La Varia di Palmi di Domenico Ferraro Palmi 1987.

[17] All’esecuzione dell’opera, come risulta da un documento datato 7 Giugno 1659, contribuì anche l’argentiere messinese Giovan Gregorio Juvarra (Giusy Bonanno - Gioacchino Gazzara La Cattedrale di Messina Messina 2006, pag. 85).

[18] Fermaglio.