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Riportiamo il testo di Enrico Mauceri contenuto in Messina nel Settecento", pubblicato nel 1924, dall'editore Remo Sandron. L'autore riporta un documento posseduto dall'ing. Mallandrino, al tempo ingegnere capo del Comune di Messina, ed incorre in errore riconducendo al '600 le placche di rame che venivanno collocate sulla Galea, che invece furono realizzate su bozzetto di Carlo Minaldi, pittore ed incisore messinese, dall'orafo La Spina nel 1800. Nell'incisione proposta a fianco è possibile scorgere - ancora meglio nell'ingradimento - due importanti particolari: una bandiera prodiera dedicata alla Madonna della Lettera e  la zona di collocazione delle otto placche (4 per lato) nella zona del cosidetto "castello" di poppa. Manca di conoscere dove venisse collocato l'ovale, ma è presumibile che, data la forma, venisse collocato nella parte posteriore della nave, anch'esso sul castello.

"A cura della Congregazione dei sacerdoti, ogni anno, nelle feste solenni, ed ordinariamente in quella della Sacra Lettera e del Corpus, si soleva montare con tutti gli attrezzi a tale scopo destinati, nel vascone della grande piazza di S. Giovanni Gerosolimitano, una colossale galea tutta decorata esternamente con rilievi ed imagini sacre, pavesata di bandiere e banderuole, di cui una alla poppa, recava l'imagine della Madonna della Lettera, e con 22 personaggi in legno di pioppo, dei quali 17 a mezzo busto e sei a figura intera, fra cui S. Pietro. La nave certamente alludeva al famoso invio del sacro chirografo ai messinesi da parte della Vergine. Doveva essere spettacolo fantastico e grandioso quello di vedere, la sera, la galea sfarzosamente illuminata, mentre vi agiva un'orchestra e si sparavano i fuochi di artificio.
Il popolo accorreva lieto e gaudente e non si stancava dall'ammirarla. La città marinara celebrava così i suoi fasti, e la tradizione durò, come pare, sino ai primi dell' 800 ; poi scomparve. La festa caratteristica dovette forse avere origine nel '600, come dimostrerebbero i quadri in rame sbalzati e dorati, della poppa, conservati oggi in Museo, eseguiti con gusto e rappresentanti la Madonna della Lettera e varie scene sacre messinesi che si legano con la storia del celebre chirografo.
Nel 1758 il Senato chiese ed il sovrano accordò che la festa pubblica della Sacra Lettera fosse trasportata nel giorno dell'Assunta quando per la serenità della stagione era permesso godere degli spettacoli all'aperto; così solo potea ben riuscire la festa della galea!

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Nella stessa piazza di S. Giovanni avean luogo altri spettacoli, e di effetto sorprendente fu una grande macchina rappresentante una bene architettata fortezza « che riuscì di ammirazione non solo ai nostri paesani, ma bensì ai forastieri tutti » eretta nei giorni 3, 4, 5, luglio 1768, in occasione delle nozze del re con Maria Carolina di Lorena, sorella dell'imperatore. Essa comparve tutta abbellita con le armi del re, e la sera talmente illuminata « che era un bel colpo d'occhio il vederla ». La musica aggiungeva so­lennità alla festa.
Da un libro di conti, posseduto dall'ingegnere Giuseppe Mallandrino, e che va dal 1764 al 1804, ricavo alcune notizie riguardanti le spese di montaggio e di riparazione, talvolta radicali, occorse per la galea, ma quasi nulla per la parte artistica, che è certamente di data anteriore. Dal 1775 le varie partite saltano al 1788, il che dimostrerebbe che la galea, dopo il fatale terremoto del 1783, dovette per alcuni anni tacere.

[...]
Un manoscritto inedito in potere dello stesso Ing. Mallandrino ne parla nel seguente modo :
«Fra le tante altre festive Machine, apparati e vaghe illuminazioni che sogliono farsi annualmente in ossequio ed onore della SS. Vergine della Sacra Lettera, si ammira la famosa ed architettata Machina di legname vagamente pittata ed indorata, pavesata di giorno con variate bandiere e stendardi, e nella sera tutta illuminata con migliaia di fanali; rappresentante al naturale una Galea in mare, che a spesa del Clero di Messina, viene ogni anno innalzata nella grandiosa Piazza di S. Giovanni Gerosolimitano.
Per la sua vaga, bellissima e sorprendente comparsa se ne è fatto il disegno da mano maestra; come si vede dalla qui annessa carta per la futura memoria ; come ancora il disegno di un Gigante, che sostiene la poppa.

Or questa Machina par che voglia significare quella Galea Comandante della città di Messina, sopra la quale, per antico Privilegio che godeva la città, imbarcarsi doveva il re o imperatore dovendo far viaggio per mare. Essa portava sulla poppa le Armi del re e quelle ancora della città di Messina. Cesta Galea era la Comandante di tutte le altre, come costa dal Rescritto del re Carlo D'Angiò e del re Ludovico (ved. Gallo Tomo I f. 62) il che fu osservato in tempo dell'imperatore Carlo V il quale si partì da Messina, osservando a validando il privilegio di Arcadio suo predecessore (Bonfiglio Ist. Sic. P. Il lib. III f. 66) come fu riferito di sopra parlandosi dell' amplissimo privilegio dell'imperatore Arcadio »."

Il Mauceri riporta anche un estratto del ragguaglio della festa... relativo alle feste del 1729 e pubblicato nello stesso anno a Messina:

« E adunque questa gran Piazza di circuito passi cin­quecento, e nel mezzo si erge superbissima fonte di struttura Francese di molta bellezza ; è questa sopratutto riguar­devole per il gran Pilo, o come volgarmente la chiamano Beveratura di palmi 150, di lunghezza, opera del Messinese Archimede, intendo dire del gran Maurolico ; or su di questa fonte a spese del Clero si architettò una galea di palmi duecentoquaranta dalla poppa alla prora, fornita di tutto punto, che quasi sembrava all'occhio abile a solcare l'onde. L'altezza della sua poppa da terra fino al mergolo della sua tenda era di palmi 40, tutto il fusto di essa dipinto, e toccato parimenti ad oro in campo rosso. Su le spalliere d'entrambi i lati poi si spiegavano varie bandiere di diversi colori, e l'aste, che le sostenevano venivano circondate da un fregio di tela dipinta a trofei militari : uscivano dai fianchi i remi tinti a color rosso, e bianco ; nel castello di prora si vedevano uscire da portelli cinque pezzi d'artiglieria, nella camera di poppa sotto Dosello si vedeva l'effigie del nostro Augustissimo Cesare, assieme con quella della nostra Imperatrice corteggiate da altre figure, ed equipaggio, come parimente per tutta la corsia varie figure rappresen­tanti la ciurma, e guarnizione di detta galera vendevansi sparse. In alto su la poppa l'effigie della Vergine Protettrice stava, ed intorno di essa poppa oltre delli fregi, ed orna­menti, si vedevano pendere vari scudi di arme di rilievo. Vicino alla scala di poppa si rimirava alzato lo standardo  di damasco cremesi con la sua Croce d'oro nel mezzo. Su le antenne, e gli alberi vari standardi dove le chiavi, ed il Triregno ponteficio scorgevasi. Le antenne poi in tutte le sere spiegavano le loro vele, che venivano formate da vari lumi pensili al numero di 600, oltre di moltissimi altri che in tutto ascendevano al numero di 3200. Intorno di questa gran macchina tutte le finestre, e balconi dei vi­cini palagi scorgeansi adorni di ricchissimi arazzi, e pre­ziosissimi drappi di seta, e la notte arricchite d'infiniti lumi, e specialmente il Gran Priorato, ed il frontispizio del Col­legio di S. Francesco Savier dei PP. Gesuiti, la di cui facciata vedevasi con più di 2000 lumi».