messina_juvaraLa particolare devozione alla Madonna della Sacra Lettera è prettamente messinese[1]. Essa ebbe molto probabilmente nei secoli successivi alcuni ostacoli, causati dalle persecuzioni romane e soprattutto, successivamente, dalla lunga occupazione araba. Entrambi gli avvenimenti fecero in parte dimenticare questa pia tradizione ma non il forte legame fra Messina e Maria, tanto che uno degli antichi emblemi che la città adottò dopo la falce zanclea di Saturno, fu proprio la M di Maria e di Messina[2]. Sfortunatamente forse in questo lungo periodo andò smarrito l’originale testo della Sacra Lettera. Alcune tradizioni affermano che essa venne trafugata dai forzieri del Duomo da mano sacrilega, ma varie e discordanti sono le ipotesi. Padre Benedetto Chiarello nelle sue Memorie Sacre[3] del 1705 riferisce che essa fu inizialmente conservata come Sacra Reliquia in un ostensorio, poi pervenne in custodia ad un tale Massimiliano, allora grande dignitario della città, al quale fu sottratta e quindi bruciata. Altra probabile ipotesi è che andò distrutta in occasione di qualche incendio o terremoto subiti dalla città, un esempio può essere il vasto incendio del 1254 che bruciò totalmente il Duomo durante i funerali di Enrico IV di Svevia. Nonostante i legittimi dubbi e perplessità esistono alcuni documenti storici a sostegno di questa bella tradizione mariana, ecco di seguito i più noti ed importanti.
san_gerolamo- Nel IV secolo d. C. Flavio Lucio Destro, scrittore spagnolo grande amico di San Girolamo, vissuto fra il VI ed il V secolo, è uno dei primi attendibili testimoni. I buoni rapporti con San Gerolamo sono confermati poiché il famoso Dottore della Chiesa compose e dedicò al Destro la sua famosa opera sugli scrittori ecclesiastici, e lo stesso Destro dedicò la sua opera migliore “Chronicon Omnimodae Historiaegli ambasciatori. ricordava il ritorno in Messinaa della Chiesa Peloritana, sia ffermò solo nel Luglio del 1669 quando Clemen[4] a San Gerolamo. In tale opera, scritta nel 430, Flavio Lucio Destro parla della tradizione mariana messinese. In una prima occasione cita la festa solita a celebrarsi ogni anno a Messina per commemorare la missiva mariana: «Apud Messanenses celebris est memoria beatae Mariae Virginia, missa prius ab eadem dulci epistola», «Presso i messinesi è celebre la ricordanza della Beata Vergine Maria, avendo essa spedito a loro una soave lettera». In una seconda parte ricorda che al suo tempo fu ritrovata nell’Archivio di Messina proprio una lettera scritta in ebraico dalla Vergine Maria agli stessi messinesi: «Hoc tepore in Tabulario Messanensi reperta est quaendam Epistola, hebraice scripta, exarata a Beata Virgine ed eosdem Cives Messanenses et maximi ducitur», «Al tempo presente nell’Archivio Messinese fu trovata una Lettera, scritta in ebraico, inviata dalla Beata Vergine agli stessi cittadini messinesi, ed è molto venerata».
- In “De habitationibus et nobilitatibus mundi” scritto dallo storico greco Orofane nel XI secolo, di cui fu scoperta una copia a Roma presso il Monastero di Santa Prassede nel 1563, l’autore parla della venuta di Paolo Apostolo a Reggio, del suo passaggio a Messina, la sua predicazione, la conversione dei cittadini, la partenza di ambasciatori da Messina verso la Madonna, il suo messaggio consegnato in lingua ebraica, messaggio tuttora custodito, dice, dalla città «sub Damusarii theatris».
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- Quando il Gran Conte Ruggero liberò definitivamente la Sicilia dagli Arabi, intorno al 1060, ed entrò vincitore a Modica gli furono allestiti grandi festeggiamenti. Le acclamazioni e le frasi cantate, che allora furono fatte, sono state conservate e chiamate proprio “Choree di Modica”. Una di essa afferma «Almae lucis Pelorus priscis laetatur characteribus», che vuol dire: «Il Peloro si rallegra di benefica luce per gli antichi caratteri». In tale acclamazione “characteribus” fa riferimento alle parole della Lettera di Maria Vergine. [5], membro dell’Accademia Peloritana con lo pseudonimo di Ardito, assegnò le armi al X-XII secolo. Jacopo Francesco de Quingles le attribuisce invece una tra il V ed il VI secolo e l’altra all’XI secolo. Una di queste mazze fu regalata dal ritrovatore al Senato di Messina e l’altra al Capitolo della Cattedrale. Sul fusto della corona della mazza data al Senato si legge la seguente preghiera: «In nomine Patris ed Filii et Spiritus Sancti. Amen. / Virgo Maria, Iesu Christi Crucifixi Mater, / Libera Messanam Tuam a Saracenorum / Benedich no set Armis protege sempre, / Sicut Protectiones et Benedit. S. approbasti / in Epistola SS. a nobis, maxime adorata / Dona nobis Victoriam contra inimic S. Fidei». In quella donata al Capitolo si legge: «In nomine SS. et individuae Trinitas. Amen / Virgo Maria Iesu Christi Crucifixi Mater, / Libera Messanam a Saracenorum Adventu, / Benedich no set Armis difende sempre, / Sicut in Epistola tua nos confirmasti. / Dona nobis auxilium et victoriam / Contra Saraceno set Fidei S. Exaltatio».
- Nel Gennaio del 1371 si abbatté sui merli della Chiesa di San Nicolò un fulmine che fece crollare parte della mura e, con grande scalpore, anche un grande spadone a due mani appartenuto a Giacomo Saccano che, insieme ad altri messinesi, passò in Calabria ad invocare l’intervento del Gran Conte Ruggero per la liberazione della Sicilia (Giuseppe La Farina Messina e i suoi monumenti Messina 1840, pag. 101). Nello spadone erano incise le seguenti parole «Virgo Maria, Messane, tuae memento; fixi mater protectionis confirmatae memento; me libera famulum tuum Jacob Saccanum et Messanenses omnes qui indefexe pro fide S. pugnat», «O Vergine Maria, ricordati della Tua Messina; Madre del Crocifisso, ricordati della Tua Protezione confermata. Libera me, Giacomo Saccano, servo Tuo, e tutti i Messinesi che combatterono indefessamente per la santa fede».

- Nel 1490 fu casualmente ritrovato il testo della Sacra Lettera in un manoscritto in lingua ebraica e tradotto in latino dal celebre umanista messinese, maestro del Bembo, Costantino Lascaris[6]. Eccone il testo: «Maria Virgo, Joachim Filia, Dei Humilissima Christi Jesu Crucifixi Mater, ex Tribu Juda, Stirpe David, Messanensibus ominibus salutem, et Dei Patris Omnipotentis benedictionem. Vos omnes fide magna Legatos, ac nuncios per publicum documentum ad nos misisse connstat. Filium nostrum Dei genitum Deum, et Hominem esse fatemini et in Caelum post suam Resurrectionem ascendesse, Pauli Apostoli electi praedicatione mediante, viam veritas agnoscentes. Ob quod Vo set ipsam Civitatem benedicimus, cujus perpetuam Protectricem nos esse volumus. Anno filii Nostri XLII. Indictione I, III Nonas Junii, Luna XXVII feria X, ex Hierosolymis. Maria Virgo, quae supra confirmat presene Chirographum manu propria».

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- Nel 1529 Francesco Maurolico nel suo “Sicanicarum rerum compedium” a pagina 29 accenna brevemente la tradizione: «Memorant et Paulum in Siciliam concionatum, quob ab re non est: quando non tota eius peregrinatio literis mandata est. Quin etiam Messanam omissis ad Deiparam virginem legatis, receptoque ab ea epistolis, abiectis gentilium erroribus, sub eius tutelam venisse».

 

- Nel 1602 Annibale Bufalo scrive una “Canzona per l’epistola di Maria Vergine a’ messinesi” ci cui oggi conosciamo solo il titolo.

 

- Nel 1608 fu rintracciata un’altra copia della Sacra Lettera nella Biblioteca di Bologna per mano dell’Arcivescovo Alfonso Paletti.

 

- Nel 1636 un Decreto Senatorio, a seguito dello scampato pericolo di un carestia, sancisce definitivamente che la festa solenne della Madonna della Lettera deve cadere il 3 Giugno di ogni anno.

- La scoperta che sancì ufficialmente la veridicità della Lettera fu il ritrovamento di una copia del testo in un antico codice arabo di proprietà di Mons. Attanasio Safar Vescovo di Mardin di Siria donatogli a sua volta dal Patriarca Antiocheno Ignazio Andrea. L’Abate Pietro Menniti fece ricorso al nobile maronita Giuseppe Assemanni, interprete di lingue orientali presso la Biblioteca Vaticana, che tradusse il testo molto simile a quello del Lascaris. Successivamente con grandi festeggiamenti questa autentica traduzione fu portata a Messina nel 1716 dal Monaco Basiliano Gregorio Arena (Mauceri Enrico Messina nel 700 Milano 1924, pag. 82-83). [a tal proposito è possibile consultare il contributo di D. Schirò]

Le discussioni sulla Sacra Lettera ai Messinesi furono infinite soprattutto nel XVIII secolo e molte furono le pubblicazioni di numerosi scrittori locali che con grande entusiasmo difesero la pia tradizione contro coloro che erano contrari alla sua autenticità[7]. Ecco di seguito le più importanti opere pubblicate a favore di tale tradizione:

- Il gesuita ungherese Inchofer Melchior scrive un opera dal titolo “Epistolae B.M.V. ad Messanenses veritas vindicata ac plurimis gravissimorum scriptorum testimoniis et rationibus erudite illustrata” pubblicata a Viterbo nel 1632 dopo che la prima edizione stampata a Messina nel 1629 era stata messa all’Indice.

- Benedetto Salvago scrive “Apologia pro prietate Messanensium ex traditione repromissae protectionis in epistola B.M. Virginis adversum Rocchum Pirrum Netium” pubblicata a Messina nel 1634.

- La monumentale opera del gesuita Placido Samperi edita a Messina nel 1644 dal titolo “Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina” e arricchita da numerose incisioni di Placido Donia.

- Il testo del gesuita Paolo Belli dal titolo “Gloria Messanensium sive Epistola Deparae Virginia scripta ad Messanenses dissertatio in duos libros distribuita” stampata a Messina nel 1647.

- “L’antica e pia tradizione della Sagra Lettera della Gran Madre di Dio sempre Vergine Maria scritta alla nobile ed esemplare città di Messina” scritta da Pietro Menniti e stampata nel 1718 a Roma e nel 1720 a Messina.

- L’opera di Giuseppe Maria Perrimezzi dal titolo “Difesa della Sagra Lettera scritta da Maria Vergine ai Messinesi” edito a Messina nel 1730.

- Francesco Afflitto “Viaggio degli Ambasciatori di Messina mandati alla Gran Madre di Dio in Gerusalemme congetturato e contemplato da mente devota della Sacra Lettera” stampato a Messina nel 1647 e ristampato nel 1842 in occasione delle Feste Secolari.

A sostenere l’autenticità del culto alla Vergine della Lettera non sono mancati in passato anche interventi ufficiali della Santa Sede. A partire dal XVII secolo, infatti, si registrano indulgenze particolari concesse ai fedeli devoti al culto della Patrona di Messina da parte di numerosi Pontefici: Paolo V nel 1616, Urbano VIII nel 1626 e nel 1642, Innocenzo X, Alessandro VII, Clemente IX, Clemente X, Innocenzo XI, Innocenzo XII, Innocenzo XIII, Pio IX nel 1870 e Paolo VI nel 1964.Benedetto XIII nei suoi “Sermoni Mariani” testualmente pius12scriveva: «Tre lettere leggiamo quali scritte dalla Vergine: una a S. Ignazio Martire, Patriarca di Antiochia, una ai Fiorentini, una ai Messinesi che a Lei si rivolsero mossi dalla predicazione di S. Paolo». Nel 1954 a conclusione del Congresso Mariano Papa Pio XII rivolgendo un messaggio al popolo siciliano, lo esortava paternamente ad onorare il culto atavico dei Messinesi verso la Vergine Madre della Sacra Lettera. Torre_ArchirafiTra le curiosità va ricordata anche una convinzione locale secondo la quale i messinesi, all’inizio dell’Era Cristiana, fecero del 42 d. C. il punto di partenza della loro datazione storica e presero a contare i secoli proprio dal giorno della ricezione della Lettera di Maria, come ricorda tra l’altro una lapide murata sulla facciata della Chiesa della Madonna del Rosario, già dedicata alla Madonna della Lettera, sita a Torre Archirafi, nel Comune di Riposto in Provincia di Catania, dettata nel 1741 dal messinese duca Giuseppe Natoli Ruffo. Un’altra tradizione, sostenuta da diversi autori siciliani, fa derivare l’antica misura di peso detta Rotolo, corrispondente a 800 grammi, dalla forma arrotolata della Lettera mariana[8]. Il riferimento deve intendersi solo come rispettoso omaggio alla forma arrotolata dell’epistola e non certo al suo peso reale che certamente era di gran lunga inferiore (Salvino Greco Sacro e Profano nella Tradizione Popolare Messinese Messina 1996, pag. 31).


[1] Secondo tradizione Maria oltre a Messina scrisse una lettera a S. Ignazio d’Antiochia ed alla Città di Firenze (Giuseppe Bonfiglio e Costanzo Messina Città Nobilissima Venezia 1606, pag. 57.

[2] Messina ebbe nella sua lunga storia diversi stemmi araldici: il primo fu la falce in ricordo del porto, poi la M di Maria e di Messina, il castello a tre torri in ricordo delle più importanti fortificazioni della Città ed infine l’attuale la croce d’oro in campo rosso, stemma imperiale dono dell’Imperatore d’Oriente Arcadio (Aldo Segre, a cura di, Messina prima del 1908 Messina 1978, pag. 5)

[3] Chiarello Benedetto Memorie sacre della città di Messina, nelle quali si descrivono le istorie dei santi, beati tutelari e padroni della medesima città Messina 1705, pag. 107.

[4] Opera pubblicata da Jacques Paul Migne in Patrologiae Cursus Completus, Parigi 1958, con annotazioni di Francesco Bivario.

[5] Paolo Aglioti Spiegazioni di due mazze ferrate ritrovate in Messina l’anno 1733 Venezia 1740.

[6] Il cardinale Pietro Bembo disse del Lascaris: «Nulla assolutamente esiste di più affabile e di più santo di quel vecchio», mentre lo scienziato messinese Francesco Maurolico: «Uomo ottimo e santissimo» (Pantaleone Minutoli Preghiere alla Santissima Vergine della Sacra Lettera Messina 1965, pag. 34).

[7] Uno dei più accaniti sostenitori della non vericitità del culto della Madonna della Lettera fu il palermitano Rocco Pirri. Dotto conoscitore della tradizione ma anche fazioso sostenitore della superiorità storico-politica di Palermo su Messina, affermava che la tradizione della Sacra Lettera fu un’abile manipolazione di Costantino Lascaris il quale protetto dal Senato e sostenuto da molti agiografi locali, mentre era imperante la polemica tra Messina e Palermo sulla reciproca aspirazione ad essere considerate capitale della Sicilia, non solo s’inventò molti privilegi politici ed economici concessi alla città ma anche la Lettera di Maria spacciandola addirittura per chirografa. Accusa estremamente esagerata dato che la tradizione sull’argomento si perpetuava a Messina parecchio tempo prima.

[8] Santi Correnti nel suo libro La città sempre fiorente a pag. 114, parlando dell’edicola votiva di una Madonna sita a Catania in Via Messina angolo con Via Galatiolo, nel Quartiere Rotolo, precisa: «Ma il nome del Rotolo non deriva dai pesi, perché indica il culto della Madonna della Lettera, cioè della epistola, avvolta come un rotolo, che la Madonna inviò ai Messinesi nel 42 dopo Cristo».